giovedì 1 novembre 2007

martedì 30 ottobre 2007

Monologo

Eccomi davanti allo specchio
Eccomi con questo corpo...
Non doveva andare così
Quando rincorrevo i palloni,
quando montavo i trenini,
quando giocavo con i soldatini.
Doveva essere come sentivo.
Eccomi davanti allo specchio.
Io amo questo corpo.
In questa mia pancia
sono cresciute due meraviglie
(e altre ne vorrei ma è tardi)
Io odio questo mio corpo
pieno di curve e privo di spigoli
no.. non è vero... non lo odio
.. lo detesto.. è fuori sintonia
non si accorda alla musica dell'anima.
Eppure.. eppure non lo so
Eterna indecisione.
Eccomi davanti allo specchio
Mi guardo la faccia, gli occhi, i capelli
Sono io.
Sono io. Non bell*. Ma ver*.
I miei occhi guardano sempre altrove
I miei occhi guardano sempre negli occhi
Sfuggono solo per paura dell'anima
Ma guardano,
Guardano il mio corpo dentro lo specchio
E' solo uno specchio.
Io non sono quello che vedo
Io sono e voglio essere quello che sento

E come dice Francesco Guccini

..
ma se io avessi previsto tutto questo
dati cause e pretesto forse farei lo stesso
..
e quindi tiro avanti e non mi svesto
degli abiti che sono solito portare
ho tante cose ancora da raccontare
per chi vuole ascoltare e a culo tutto il resto!

(L'avvelenata)






se son d' umore nero allora scrivo frugando dentro alle nostre miserie:
di solito ho da far cose più serie, costruire su macerie o mantenermi vivo...

Io tutto, io niente, io stronzo, io ubriacone, io poeta, io buffone, io anarchico, io fascista,
io ricco, io senza soldi, io radicale, io diverso ed io uguale, negro, ebreo, comunista!
Io frocio, (io perchè canto so imbarcare), io falso, io vero, io genio, io cretino
.....


mercoledì 5 settembre 2007

Cosa sei?

Da piccolo mi capitava spessissimo, d'estate quando me ne andavo in giro tutto il giorno a giocare avventure su avventure, a risalire il fosso, a scacciare i cow boy (io sempre indiano) che qualcumo mi chiedesse.. sei maschio o femmina? Tira giù i pantaloni che voglio vedere.. Ed io ne ero felice. Incredibile ma mi piaceva un sacco quando mi facevano queste domande.

giovedì 23 agosto 2007

Un coltello

Un coltello saltato fuori non so quando non so come. Un ricordo non mio. Da me forse rimosso.
Sconvolgente che lei dica che era tutto normale. E lo continui a dire. L'importante è fare finta di niente
Se le cose non si dicono smettono di esistere?
No crescono dentro come non mai.

mercoledì 1 agosto 2007

La nonna e i suoi racconti

La nonna era nata nel 1905. Il nonno nel 1899. Oggi dopo essre stat* al cimitero tedesco della Futa ripensavo ai suoi racconti della guerra (la seconda perchè la prima lei aveva solo 13 anni). Nella prima il nonno era un 'ragazzo del 99' cioè l'avevano fatto partire a 17 anni e per questo aveva un bel pò di medaglie.
La seconda il nonno aveva più di 40 anni e quindi se l'è sgamata. Ma ogni volta che passavano i tedeschi lui si imboscava per i campi, perchè con donne e bambini erano accomodanti ma con gli uomini insistevano di più, facevano i forti. Guardando le tombe oggi ho pensato che erano ragazzi spaventati buttati a combattere per qualcosa che avevano fatto loro credere.. insomma la nonna diceva che ogni tanto passavano entravano nelle case e cercavano le cose da mangiare più preziose, olio, carne pane, marmellata.... ma la nonna e il nonno erano stati furbi e avevano scavato nell'orto una buca dove ci tenevano delle casse con le cose da mangiare di cui sopra. Nell'orto i tedeschi non ci guardavano, solo nelle dispense e nelle cantine ...
Magari il rancio anche per loro non era il massimo e sfruttavano un po' il privilegio dell'invasore per mangiare meglio..
La nonna non ha mai parlato male comunque di questi ragazzi.. forse li vedeva come tali. Non ha mai raccontato episodi di violenza. Ma ha solo descritto questo cercare ogni tanto qualcosa di buono da mangiare. Forse in un paesino di campagna lontano dalle grandi città e con strade poco importanti la guerra è un po' meno guerra. Per tutti.

martedì 24 luglio 2007

Il terrore

Chi non h provato il terrore continuo per ogni parola per ogni sussurro per ogni giocattolo rotto, per ogni posata usata male, per ogni scoppio di risa quando si doveva stare in silenzio, per ogni pianto quando se ne prendevano. Per ogni rientro a casa. Per ogni passo.
Chi non ha provato questo terrore non dica che ne abbiamo colpa noi che eravamo bambini.
Non dica che non è stato abbastanza.
(E' vero non siamo stati violentati, che fortuna!! poteva andare peggio)
Non bestemmi.

Siamo stati bambini.
Ma in realtà non lo siamo mai stati.

Non abbiamo le stronzate freudiane che la psicanalisi propina.
Non abbiamo semplicemente avuto i genitori. Nè nel bene. Nè nel male. Niente complessi edipici. Solo un reale e sano distacco emotivo totale.

Ma ringraziando Dio abbiamo avuto dei nonni, ringraziando Dio abbiamo avuto degli zii, ringraziando Dio eravamo in tre e ci siamo fatti forza.

Ma non ho colpa, neanche di quanto sono 'divers*' più divers* dei diversi e per questo disgustos*.

mercoledì 13 giugno 2007

I bomboloni di Fabrizio (13 anni)

A 13 anni avevo un amico speciale, una specie di fidanzato, con cui andavo in giro per il fosso, con cui giocavo a ping pong, con cui favevo tante belle cose.
E quando eravamo insieme non volevamo nessun altro con noi.
E tutti ci prendevano in giro.. ma questa cosa durava da anni. Lui era biondo con tutti i riccioli ed era più alto di me.
I suoi genitori mi volevano bene.... anche troppo forse...
Una sera mi disse.. dopo cena vieni a casa mia... ti faccio i bomboloni!!
.. non saprei.. in realtà non mi fidavo per niente della sua capacità di fare bomboloni.
Poi lui stava in una casa isolata e per andarci di notte di doveva fare un pezzo di strada sterrata nel completo buio della campagna .. insomma non ero per niente felice dell'invito, ma non potevo rifiutare anche perchè suo padre continuò.. è davvero bravo vieni davvero...
Alla fine ci andai, portandomi anche mio fratello e il nostro amico Nicola, per via della strada buia o della timidezza..
Il bombolone mi fu subito consegnato appena varcata la soglia e i sei occhi (lui, la mamma, il babbo) mi fissavano aspettando il mio giudizio... avevo paura ad assaggiarlo .. avevo così paura.. non mi è mai riuscito mentire e non volevo che nessuno se la prendesse.. mio fratello e Nicola mangiarono il loro, o rifiutarono con qualche scusa non ricordo..
Insomma io stavo lì e mi sentivo sotto osservazione....
Troppo
Troppi occhi su di me
Troppo silenzio
Alla fine non so come il bombolone cadde in terra prima che potessi assaggiarlo...
L'hai fatto apposta disse lui un pò contrariato
No sussurrai diventando di tutti i colori dell'arcobaleno
Allora prendine un'altro .. non sapevo che fare
Alla fine lo presi e uscimmo fuori a mangiarlo così non avevo gli occhi addosso. Non ricordo bene se lo mangiai, se mi piacque o no.. ma tutte quelle facce in attesa non le scorderò mai..

Comunque questa storia mio fratello e Nicola la ricordano ancora bene!!!


martedì 29 maggio 2007

18 Anni

Ricordo perfettamente il mio diciottesimo compleanno. Ricordo di non aver festeggiato niente di particolare. Era domenica. Era il 1985. Il giorno dopo avrei avuto un compito di Storia e Filosofia insieme.
Ricordo che non ho studiato. Volutamente perchè per diamine era il mio diciottesimo compleanno, ed era domenica. Ricordo che ho pensato .. qualcosa inventerò ..
Ricordo che avevo pantaloni bianchi, maglietta nera e scarpe nere.
Ricordo che ho pensato molto quel giorno.
Ricordo che sono stato sdraiato tutto il pomeriggio sul muretto della Chiesa a meditare su quello che pensavo sarebbe accaduto quel giorno, che poi si era alla fine trasformato in un giorno come tanti.
Ma chiaro avevo in mente un solo pensiero.

SONO MAGGIORENNE. QUALORA DECIDESSI DI ANDARMENE NESSUNO HA PIU' DIRITTI SU DI ME. NESSUNO.

Un pensiero che mi dava tanta tanta forza.

Anche se in realtà vedevo che nientre sembrava EFFETTIVAMENTE cambiato.

Un pomeriggio su un muretto della chiesa a guardare il cielo e le nuvole, pensando che alla fine non cambia mai nulla anche se in realtà cambia sempre tutto.

(Il giorno dopo ho fatto il compito di Storia e Filosofia insieme, prendendo 8 a entrambe le materie!!!) A volte alla fine pensare al proprio dentro serve a qualcosa.

giovedì 17 maggio 2007

Nonna (magica nonna)

Nonna, magica nonna. Te ne sei andata da un anno e mezzo e ancora mi pare impossibile. Ti vedo ancora come se tu fossi qui. A costruire giochi per le mia bambine, a raccontare storie che sembrano così lontane ma che siamo noi, a cantare canzoni che volevo sempre trascrivere per non perderle ma che poi non l'ho mai fatto. E io che ci faccio qui? Mi vedi? Che pensi? Sono matto vero?
Ma tu mi hai sempre capito più di tutti. Lo sento. Lo so.

mercoledì 16 maggio 2007

Il primo bacio (13 anni)

In campagna. Tanti giochi. Fin da piccoli. Tanti amici. Cresciuti insieme. Tra partite a calcio. Sfide a ping pong. Risiko. Nascondino la notte. Sfide. Passeggiate. Esplorazioni. Pesca con le mani. Cinghiali uccisi dai padri cacciatori. Go-Kart molto casalinghi. Biciclette ultra truccate per fare il cross nel bosco. Pozze di fosso usate come piscine (mamma mia che freddo).
Tra tutto questo, ci si facevano domande. Semplici. E ci si davano risposte. Chiare.
Così tra una domanda e l'altra, ho dato il mio primo bacio. Pura tecnica. Con osservatori attenti che imparavano e commentavano. Su un sasso di fosso. Me lo ricordo. Per amicizia. Non per amore.
Sorrido ancora al pensiero.

giovedì 10 maggio 2007

Il caramello con le noci e altre merende

Dalla nonna alle quattro emezzo del pomeriggio si DOVEVA fare merenda. Tutti i bambini in campagna fanno merenda verso quell'ora ed infatti dopo le quattro si cominciavano a sentire per il paese le chiamate delle nonne ai propri nipoti per la merenda... e allora da lontano si sentiva .. SIMONEEEEEEEE e simone andava e diceva che sarebbe tornato dopo la merenda ... e poi ancora NICOLAAAAAAA e Nicola andava ... STEFANOOOOOOO e Stefano andava ... ALESSIOOOOOO LUCAAAAAAAA e Alessio e Luca andavano.. insomma c'era questa oretta in cui ognuno se ne tornava alla spicciolata alla propria casa per la famosa merenda.

La merenda poteva conistere di

una fetta o due di pane (di filone) con
olio sale e aceto ...
olio e pasta di acciuga
olio e sale o pomodoro strusciato sopra
marmellata (fatta dalla nonna in casa) e senza burro
vino e zucchero (la mia merenda preferita)

Raramente invece la nonna si divertiva a farci il caramellato.
Ed era una festa, se ce l'avesse fatto troppo spesso non sarebbe stato così magico.
Io non sono mai riuscito a rifarlo (mannaggia mannaggia)

prendeva lo zucchero e lo metteva a sciogliere in un pentolino (forse con un po' d'acqua??)
poi metteva le noci sgusciate sul tavolo di marmo ben pulito
quando lo zucchero era sciolto lo versava sulle noci..
dopo pochi minuti di raffreddamento dal marmo veniva via una meraviglia.

Non era bello da vedersi come quello che si vede sulle bancherelle del luna park, ma sicuramente era molto molto molto più buono...

lunedì 7 maggio 2007

La fuga da casa (14 anni)

Ci penso da giorni, ci penso da settimane, ci penso da mesi.. voglio andarmene da questo inferno. Voglio costruire una vita mia. Voglio cambiare nome e città. Voglio trovare un lavoro e vivere e costruirmi da solo. Voglio questo. Una mattina decido.
Tolgo tutti i libri dallo zaino di scuola. Prendo tutti i miei risparmi. Metto vestiti nello zaino. E' una mattina di ottobre. Io faccio la IV ginnasio ma questo giorno non arriverò a scuola. Nessuno mi cercherà fino alle due del pomeriggio. Ho tutto il tempo per andare lontano.
Voglio andare a Roma è una città grande. Lì nessuno mi troverà. Sarò abile a non farmi trovare. Arriverò e cercherò subito un lavoro. Non penso ad altro. Sembra facile.
Esco di casa. Con lo zaino. Ormai è fatta. Non posso andare a scuola senza libri. Vado alla stazione. Faccio il biglietto e mi sembra che mi guardino male. Mi sembra che tutti mi guardino male. Sono minuto. Sembro più piccolo della mia età. Per questo mi guardano male, pensano dove va questo ragazzino così piccolo da solo?
Salgo sul treno.Aspetto la partenza. Parto. Guardo dal finestrino e ancora mi sembra tutto facile. Arriva il controllore: mi chiede il biglietto e anche lui mi guarda male.
Tutti mi guardano male. Ma io non ho paura.

Arrivo a Roma. Scendo dal treno e subito vengo avvolto da un senso di caos assoluto. Un caos che non avevo lasciato a Firenze. Un caos di macchine, di autobus, di persone. Ho paura di incontrare dei conoscenti di famiglia che abitano a Roma. Ma poi mi dico che è praticamente impossibile una coincidenza così. Comincio a vagare per le strade. Cercando insegne che offrano lavoro. Niente. Non ne trovo neanche una. A pranzo mi compro un panino e continuo la mia ricerca.. quanti posti ho girato quanto ho camminato quel giorno. Via via che passano le ore mi sembra tutto meno facile che quando lo immaginavo.
Si fa buio. Sono le sei del pomeriggio. Penso a dove potro' passare la notte.. Comincio ad avere paura. Non l'avevo messo in conto di avere paura.
Vago ancora un po'. Poi vedo una cabina telefonica. Metto gli spiccioli e chiamo a casa. Risponde mamma. Dico solo con un sussorro 'Sono scappato da casa'. Sento un urlo. Poi pianti. Dove sei?
'A Roma'. 'Ho telefonato a tutti gli ospedali di Firenze. Pensavo ti fosse successo qualcosa' Ancora pianti. Sussurro 'Ho paura' Risposta 'Trova un poliziotto. Digli tutto. Prendo il treno e arrivo'.
Riattacco. Vado a cercare un poliziotto. Non è facile. Ma alla fine ne vedo uno. Sussurro anche a lui 'Sono scappato da casa' ... Mi guarda... 'Di dove sei?' .. 'Di Firenze'.. Mi carica sulla macchina e mi porta in caserma. Mi danno un panino. Mi danno da bere. Mi interrogano.
Devo rispondere a tutte le domande. Mi perquisiscono. Mi guardano male e mi chiedono 'Dove hai preso questi soldi?' Come se li avessi rubati. Rispondo firo ?sono miei, sono i miei risparmi' Dicono 'Più di centomila lire?' E io rispondo 'Sì li ho risparmiati' E poi ancora domande. 'Perchè sei scappato?' Risposta 'Non lo so'. E basta.
E poi aspettare aspettare aspettare. Arriva la mamma. Sono le 3 di notte. Fanno firmare anche a lei il verbale. Andiamo via. Andiamo a dormire a casa di conoscenti che sono gentilissimi soprattutto con me. Mentre lei continua a piangere e a dire quanto l'ho fatta soffrire. Il giorno dopo riprendiamo il treno. Il viaggio completamente in silenzio tra i singhiozzi radi della mamma. Torniamo a casa. Non se ne è più parlato. nessuno mi ha più chiesto niente. Mia mamma ha smesso di mangiare le ciliege perchè aveva fatto questo voto allla madonna che se ritornavo non ne avrebbe più mangiate. E' ancora così. E io mi sento in colpa nei mesi delle ciliege.


Un suicidio mancato 2° parte (io a 15 anni)

Non mi ricordavo fino a stasera che a trovare lui agonizzante nel letto con tutta la schiuma che usciva dalla bocca era stata mia sorella. Non ricordavo fino ad oggi pomeriggio che di questo argomento non si è mai più parlato in casa (come nessuno si è mai degnato di chiedermi come mai fossi scappato da casa... solo che avevo fatto preoccupare troppo la mamma.. ma niente domande sul perchè).

Se gli argomenti sono sempre rimossi, io non posso che aver imaparo a rimuovere.
Niente altro mi hanno insegnato

martedì 1 maggio 2007

Inadeguatezza (sempre)

Io ero sempre considerat*
inett*,
inadeguat*,
imbranat*,
incapac* ,
imbecille,
idiota

E adesso ho ancora lo stesso trattamento, da lui e da altri.
Da lui non mi interessa.
Da altri diventa solo impossibile sofferenza che continua

venerdì 20 aprile 2007

Platini (10-11 anni)

Giocavo sempre a calcio. Volevo essere come Platini, il fascino del francese, forse. O forse quando ero piccolo Platini giocava veramente bene a calcio e faceva un sacco di gol. Mi stava antipatico Bettega, e pure Antonioni, che aveva un negozio di abbigliamento sportivo in centro a Firenze e ogni tanto qualcuno diceva che Antonioni era veramente 'bono' e che si doveva andare al negozio a vederlo. Ma a me proprio non piaceva, neppure come giocava. Io avevo Platini nel mio immaginario e quando giocavo a calcio mi figuravo proprio di esserlo.
A calcio giocavo tutti i giorni.
Il nonno aveva un grande garage che prima era una stalla. Il garage era grande perchè il nonno ha sempre commerciato legname e quindi dopo i cavalli aveva un camion.
La storia del camion è mitica e mia nonna me l'ha raccontata un sacco di volte con tanta soddisfazione ed io la ricordo ancora. Comunque con 'il bandone' del garage si faceva una porta da calcio perfetta e in mezzo alla strada giocavamo a buca e entra... cioè chi faceva gol doveva poi stare in porta. Si giocava in 3, 2 si scartavano e uno stava in porta.
Anche se non mi piaceva stare in porta mi piaceva fare gol, quindi dovevo pagare il piacere del gol con la rottura di stare in porta (niente è gratis nella vita). Per stare in porta avevo un berrettino con visiera senza il quale non mi pareva di non poter parare niente.
Ed ero Zoff...

giovedì 19 aprile 2007

Un suicidio mancato (io a 15 anni)

A proposito di inadeguatezza. Forse un giorno di tanti anni fa a lui è balzata improvvisamente agli occhi la sua inadeguatezza. La sua vera inadeguatezza e quindi ha deciso di suicidarsi. Ma il vero fallimento era davanti a lui... uno che tenta di suicidarsi e rischia la menomazione a vita (questa era la prospettiva dopo qualche giorno dal plateale gesto) è deficente fino in fondo.
Speravamo in molti che non ce la facesse...
Ma come tutte le cose niente va mai come si vorrebbe. E dopo settimane di coma, e mesi e mesi di fisioterapia è ritornato come prima.

venerdì 6 aprile 2007

Una Pasqua (non so quanti anni fa)

Lui è molto poco irrispettoso della religione cristiana. Ma non è un ateo intelligente ma solo uno che bestemmia in continuazione, che spenge la radio se parlano del papa, che impedisce a chiunque di manifestare un proprio pensiero sull'argomento, offendendo in continuazione e basta. Senza alcun rispetto. Sembra quasi che con questo odio manifestato così esageratamente dimostri una credenza che si nega, non ha senso bestemmiare contro qualcosa che credi non esista. E' stupido e idiota. E non ho migliori pensieri e non giustifico l'arroganza di credersi depositario di una verità da imporre a tutti i costi. Con violenza.
Una Pasqua di tanti anni fa si era messo in testa che se noi uscivamo potevamo andare da mia zia (stava a due passi) e potevamo addirittura mangiare un uovo o qualcosa fatto con un uovo portato in chiesa a benedire. Da rimanerne contaminati mi chiedo oggi? Ma che che gli dice a uno così il cervello? Una ferocia inaudita nel dire queste cose alla mamma nell'offerndere mia nonna, mia zia e tutti i nostri parenti. Come fa una persona a stare con uno che chiama 'puttana' la sua mamma, 'troie' le sue sorelle, e altri epiteti per tutti i parenti e per tutto il resto. Come fa?
Una cieca furia, ingiusta. Profondamente ingiusta.
Quel giorno, dalla mattina alla sera
Noi fummo chiusi in casa, a chiave. Sequestrati.
Perchè non si venisse in contatto con uova benedette ... (allucinante a vederla oggi)
Anche se era una bella domenica
Con lui in accappatoio tutto il giorno che pattugliava tutte le stanze come un soldato, ogni tanto bestemmiava la chiesa e tutti i nostri e suoi parenti con una faccia cattiva, cattiva e basta. Ma che faceva paura.
Mi ricordo di essere stata particolarmente ferma e particolarmente arrabbiata per tutto quel giorno. E di aver represso lacrime e voglia di urlare urlare urlare urlare...
E la mamma zitta a farsi dire tutto.

martedì 3 aprile 2007

L'inizio

Non credo sia un caso di essere nat* a 7 mesi
Non credo sia un caso di essere vissut* i miei primi due mesi di vita dentro un incubatrice di vetro.
Protett* dal mondo esterno che mi aspettava.
Non credo sia un caso che appena uscita di lì sia stat* inviat* a casa della nonna
Per via dell'aria di campagna che serviva a me per vivere senza inconvenienti.
Non so quanti mesi ci sono stat* ma almeno 4 o 5.
Prima di essere catapultat* nell'altra vita.
Il medico condotto (allora si chiamava così) veniva tutti i giorni
a farmi una puntura, nelle mie cosce ancora inesistenti
a farmi la puntura di ricostituente per aiutarmi a crescere.
Quando da bambin* lo incontravo, me lo ricordava sempre di tutte queste punture che ogni giorno
mi veniva a fare e mi dava una carezza, perchè deve essere stata una cosa speciale anche per lui.

sabato 31 marzo 2007

Sono cadut* dalle scale (scuole elementari)

Quando i lividi stavano sotto i vestiti la mamma non si preccupava troppo. Ma quando stavano sul viso allora diventava tutta nervosa. A volte mi metteva il suo fondotinta per andare a scuola e a me pareva una cosa ridicola. Ma me lo metteva bene. Non si vedeva molto, ma anche il livido diventava quasi invisibile. Poi mi faceva questa raccomandazione, soprattutto se le labbra erano gonfie e non si potevano restringere con qualche trucco.. mi diceva .. 'mi raccomando... se ti chiedono qualcosa di' che sei cadut* dalle scale...' Adesso mi chiedo.. ma la maestra cosa pensava.. almeno poteva pensare che avessi dei gravi problemi di deambulazione se mi capitava sempre di cadere dalle scale, oppure poteva pensare la mia mamma non facesse altro che dare la cera su queste fantomatiche scale, o ancora che ero esageratamente esuberante in casa rispetto al mio usuale comportamento a scuola e la mia corporatura minimalista...
Chissà che pensava la maestra ... non lo saprò mai.

venerdì 30 marzo 2007

La raccolta delle olive

Mio nonno aveva un campo. Il campo c'e' ancora ma sono anni che nessuno ci va.. mi ha detto mia cugina che i rovi hanno preso il sopravvento e sicuramente se ci vado d'estate troverò tante more..
Nel campo c'e' una capanna (un giorno ci trovai un giornaletto molto molto ma molto pornografico di mio nonno e me lo studiai tutto, con grande interesse e ancora lo ricordo, avrò avuto 9 o 10 anni... ma guarda il nonno .. pensai)
Nel campo ci sono 25 olivi.
Con le olive si faceva l'olio per tutto l'anno.
In cantina della nonna c'era l'orcio dell'olio. Una cosa preziosissima.
Mia nonna era nata nel 1905 e mio nonno nel 1899 (era un ragazzo del '99 come diceva sempre, il che voleva dire che gli erano toccate tutte e due le guerre, anche se nella seconda si era imboscato.. della prima aveva un sacco di medaglie..) e quindi la preziosità dell'olio me la trasmettevano bene.
Ogni anno dall'inizio alla fine di dicembre tutti i sabati e le domeniche erano dedicati alla raccolta delle olive. Stendevamo un vecchio paracadute intorno ad un olivo per volta e arrampicandosi o sulla pianta o sulle scale facevamo cadere le olive su questo telo bianco. Ma era davvero un paracadute che non ho mai capito dove l'avessero pescato ..
Spesso, a noi bambini, ci davano un paniere per uno e ci dicevano di andare nei nostri olivi preferiti a raccogliere le olive dei rami bassi... penso che così ci toglievano un po' dai piedi e lavoravano meglio.
Ma raccogliere le olive era una festa soprattutto per il pranzo.
I pranzi più belli della mia vita.
I pranzi mitici che non ho più rifatto.
Il nonno e la nonna e gli zii (anche loro partecipavano a questa raccolta) a un certo punto accendevano un fuoco. Quando il fuoco era bello scoppiettante, prendevano dei ramoscelli di olivo e ci infilzavano sopra una salsiccia. Ognuno si cuoceva la sua, tenendo il bastoncino sul fuoco, come vedevo nei fumetti di Topolino a volte quando Qui Quo Qua facevano i campeggi. Era troppo mitico. Una fetta di pane e la salsiccia sul fuoco. Se ne potevano mangiare quante se ne volevano....
Non ho mai più mangiato niente di così buono.
Era buono da tutti i punti di vista.


giovedì 29 marzo 2007

15 marzo 1978

Questo è l'unico episodio della mia VITA NERA che ricordo con una dovizia di particolari incredibile. Come se fosse ieri. Come se si fosse stampato per sempre nella mia mente e non riuscissi a cancellarlo come in realtà vorrei.
Come se mi dovesse perseguitare per sempre.
Come per dirmelo e ricordarmelo sempre.
L'ho scritto una volta sola.
L'ho raccontato per primo ad una persona importante.
Lo copio da lì. Non lo modifico anche se potrei aggiungere i particolari su ogni dettaglio, cosa c'era in cucina, la tovaglia, i bicchieri, i piatti, gli sguardi, il fornello, l'acquaio, la paura, la paura, la paura.
L'aria densa. L'aria densa su di noi tre. L'aria densa che ti soffoca già prima di poter respirare. Quell'aria che forse riuscirò un giorno ad espirare completamente.
Forse quando riuscirò a rimangiare seppie in inzimino...


15 marzo 1978

Episodio.
A tavola.
Tutti in silenzio come sempre.
Parlare era pericoloso.
Se dicevi una parola sbagliata
ne prendevi ...
Meglio non rischiare.
Domanda di lui che giorno è oggi?
Io scem* che rispondo
il 15 marzo..
E lui allora solo a me..
E che giorno è il 15 marzo
e io zitt*
E lui sono le idi di marzo ...
Sentivo che si metteva male ..
E lui
e che è successo per le idi di marzo?
E io
quasi sussurrando
non lo so.
Un cazzotto in pieno viso
gli occhiali che volano
niente lacrime sennò è peggio
Lui
mi mischia la macedonia con il pesce
e mi obbliga a mangiare
come un cane
senza posate
io comincio a singhiozzare
ma piano
ma lui
mi tira su di forza
mi scaraventa in terra
e comincia a tirare calci
in viso
nello stomaco
sulla schiena...
Solo perchè a 11 anni
non sapevo che il 15 MARZO
era stato ucciso
Giulio Cesare.

mercoledì 28 marzo 2007

La vergogna

Non ho mai raccontato a nessuno dei miei compagni o amici il terrore di stare in casa, per fortuna stavo a scuola fino alle 17 e trenta perchè facevo il dopo scuola che era un servizio del comune in cui dopo svolti i compiti per casa della scuola vera (quella della mattina) si stava a giocare o a fare lavoretti, tipo statue di gesso, imparare a cucinare, recite, il corso di inglese (e non lo so ancora) insomma tante cose divertenti: bastava non essere a casa che tutto era divertente.
Neanche al mio amico Nicola in campagna che mi raccontava che quando suo padre si arrabbiava lo frustava con la cinghia dei pantaloni, neanche a lui che ci vedeva sempre spensierati nella vita bianca, neanche a lui ho mai detto nulla.
La vergogna è il sentimento che più rappresenta quello che sentivo e ancora sento nei confronti dei miei genitori, vorrei che sparissero.
Mi vergognavo a farli conoscere, mi vergognavo a portare amici in casa, mi vergognavo per quell'aria innaturale e non simpatica che regnava in ogni angolo, in ogni punto della casa.
Quella tensione che rimaneva sempre sospesa in tutte le stenze. In tutti i gesti. In tutte le parole.
Anche ora se trovassi un* compagn* non credo che gli vorrei far conoscere i miei genitori: meglio tenerli lontani dalla mia vita di adesso, non racconto loro nulla e non mi interessa.
Non sanno niente in realtà di me, di come sono dentro.
E' mio il mio dentro. Solo mio.



Il negozio bazar del paese

Nel paese vicino a quello della nonna, dove c'era un solo negozio di alimentari che faceva anche da bar dove il nonno andava a giocare a carte e offriva sempre qualcosa a tutti (lui era fatto così offriva sempre qualcosa a tutti e la mia nonna a volte brontolava perchè spendeva troppi soldi). Insomma nel paese vicino c'era il giornalaio. Il giornalaio in realtà era un negozio veramente caotico in cui potevi trovare di tutto.
Ogni tanto il nonno ci dava dei soldi per comprarci qualcosa. Oppure ci avanzavano i soldi che la mamma ci lasciava ogni settimana (dalla nonna in estate la mamma veniva un paio d'ore la settimana a trovarci) per fare la spesa ed allora ce li dividevamo e ognuno ne faceva quello che credeva. A volte mi compravo un gelato (ero ghiotta del 'Pirottino al cacao' Sammontana, tutta cioccolata e dentro un cuore fondente), a volte invece andavo dal giornalaio.
Il giornalino che mi ricordo che mi piaceva tantissimo era Geppo, il diavolo buono a cui danno sempre missioni cattivelle che lui non riesce mai a compiere perchè è troppo buono.
Dal giornalaio c'era un enorme banco sopra cui c'era veramente di tutto. Era bellissimo questo caos in cui spuntava una pistola ad acqua in mezzo a dei libri, in mezzo a dei calzini, in mezzo a milioni di altre cose. Avevo comprato anche una pistola ad acqua grigia con il tappo rosso. Ma le pistole ad acqua di trenta anni fa facevano spruzzi molto piccoli, rispetto a quelle che ha mio nipote. Ma io mi divertivo molto a cercare di fare lo spruzzo più lontano possibile.
Geppo invece, come tutto il resto, lo potevo leggere mentre mangiavo il pranzo (e lo facevo molto volentieri alla faccia del galateo!!).
Il proprietario del bazar si chiamava Bruno e era piuttosto simpatico anche se a volte brontolava se gli sembrava che facessimo confusione sul suo tavolo (ma più di come già era non si poteva!!)


Flashback di Vita nera (9 anni circa)

C'è mia sorella che ne sta prendendo per qualcosa. Io guardo immobile. Non intervenire fa parte della propria sopravvivenza, ma fa male. Fa male lo stesso.
Io sono terrorizzata da questo pensiero, ma non ricordo se legato a quello che stanno dicendo loro, penso: ora viene qui mi taglia la mano, me la cuoce in padella e mi obbliga a mangiarla. Questo tipo di punizione mi sembrava tra quelle possibili. Mi sembrava possibile e ne ero sempre terrorizzata. Chissà da quali parole mi è nata questa paura.
Qualcosa mi deve essere arrivato se potevo avere un pensiero così allucinante. Era uno dei miei incubi delle mie notti. Io costretta per punizione a mangiare una parte del mio stesso corpo. tendenzialmente o la mano o una parte di essa, un dito ad esempio.
Non riesco a ricordare perchè.
Ma questo era il padre che io vedevo ed ancora vedo.
E la madre non fa niente. Subisce e basta.
Ma soprattutto non fa niente per difendere i suoi figli.



Bjorn Borg - 9/10 anni

Quando non potevo giocare a calcio, perchè magari non c'erano altri bambini, allora giocavo a tennis, contro il muro della casa della nonna, in mezzo alla strada. Non passavano molte macchine. Perchè la strada finisce nel paese, non porta da nessun' altra parte. E le auto andavano piano, perchè sapevano che tutti i bambini giocavano in mezzo alla strada e alla piazza del paese.
Io allora ero fanatico di Bjorn Borg, mi piaceva proprio. Non lo volevo sposare, perchè avevo altre idee per quando sarei stato grande. Ma lo adoravo e volevo imparare a fare il rovescio come lui, perchè a quell'età tutto è possibile. Ed allora mi esercitavo veramente tanto sul muro a fare i rovesci di tennis. E mi sentivo pure bravo, ma secondo me era solo una mia impressione.
Sono un autodidatta. Non ho preso una lezione di tennis in tutta la mia vita però me la cavo.
E quella racchetta mi piacerebbe ritrovarla. Ma mi sa che sia andata persa.
Comunque qualcosa ho imparato perchè se provo a giocare a tennis in un campo qualcosa riesco ancora a fare. Insomma Bjorn Borg era il mio modello da seguire per il tennis (per il calcio avevo Platini, ma questa è altra storia), soprattutto per i suoi capelli e la sua fascia sulla fronte.



Flashback di Vita nera (3 anni circa)

Non ho molti ricordi vividi della vita nera. Solo uno, ma ancora non è tempo per scriverlo.

Ricordo una sera in macchina. Pioveva. Noi tre dietro. La mamma sale e viene cominciata a essere tempestata di pugni, lì in macchina e io non so perchè e questo non saperlo mi spaventa.
Arriviamo a casa e appena entrati ricomincia il massacro. Noi tre non ci muoviamo. Il non capire ci paralizza. La mamma non fa niente. Cerca solo di difendere il suo viso.

martedì 27 marzo 2007

Regole nella Vita Bianca

La vita bianca si svolge in campagna dai nonni. Mia nonna era una tipa tosta e molto ferrea nel tenerci con sè. Però le regole erano molto rilassanti.
le regole a casa della nonna erano le seguenti

1 - Ognuno si doveva fare il proprio letto e tenere in ordine.
2 - Ognuno doveva dare una mano in casa prima dei giochi (andare a fare la spesa, apparecchiare, sparecchiare, rigovernare i piatti e spazzare la cucina era di noi bambini)
3 - Ognuno si doveva lavare a mano i propri indumenti sotto insegnamento della nonna nella quantità di energia da impiegare per questo lavoro e nella modalità dei risciacqui (la nonna aveva la fissazione che la lavatrice servisse solo per le lenzuola e meno male almeno per quelle la usava, la lavatrice di mia nonna è durata infatti circa 30 anni)

Dopo di che non esistevano altre regole e tutto andava bene.
Eravamo liberi e felici.
La tensione si allentava completamente.
Io potevo esistere e litigare come normalmente si fa con mio fratello e mia sorella.


Regole nella Vita Nera

Nella vita Nera, c'erano pochissime regole di SOPRAVVIVENZA quotidiana.
La sopravvivenza quotidiana era di riuscire ad arrivare alla sera senza troppi lividi e soprattutto senza peggiori punizioni psicologiche.
Per fare questo era necessario (ma non sufficente)
1 - Parlare il meno possibile per evitare di sbagliare qualcosa
2 - Non dire nulla se lui ascoltava qualcosa alla radio
3 - Non litigare mai tra noi fratelli
4 - Non sbagliare assolutamente l'uso delle posate (come amo non apparecchiare bene la tavola!!) o altre regole bizzarre (per noi bambini) del galateo.
5 - Sapere rispondere alle domande quiz
6 - Non piangere se la mamma veniva picchiata
7 - Non piangere se qualcuno di noi veniva picchiato
8 - Non piangere mai
9 - Non lamentarsi mai
10- Non giocare rumorosamente per non disturbare il suo riposo
11- Non parlare mai della nonna
12- Non dire nulla dell'altra vita
13- Non nominare niente che avesse a che fare con la religione (non chiedere ad esempio perchè in questa casa non posso fare un presepe, come gli altri bambini?)
14- Non chiedere niente in generale (che implicava parlare vedi Regola 1)

Insomma bastava cercare di esser più trasparenti possibili e silenziosi.
Se non esistevi abbastanza bene potevi farcela.
Ma tutto creava una tensione continua.

La tensione dei muscoli rafforza i muscoli
La tensione dell'io-dentro rafforza l'io-dentro.
Per questo siamo forti io, mia sorella, mio fratello.

La tensione non si rilasciava mai.
La troppa tensione dei muscoli crea strappi muscolari dolorosi.
La troppa tensione dell'io-dentro crea strappi all'anima molto dolorosi.
Per questo siamo anche tanto fragili io, mia sorella e mio fratello.